Le radici dei vitigni che si arrampicano sulle falde del Vesuvio affondano nel terreno lavico, scuro e poroso. Questo terreno non necessita di essere innaffiato in quanto trattiene l'umidità per poi rilasciarla. I vitigni arrivarono in queste terre nel V secolo a.C. portati qui dai Greci e discendono direttamente dagli Aminei della Tessaglia. Qui l’uva cresce forte e vigorosa: i vitigni, la maggior parte dei quali è a piede franco, sono coltivati nella fascia pedemontana fino ai 400 metri di altezza e traggono carattere minerale, spessore e potenza dal terreno vulcanico.
CODA DI VOLPE DEL VESUVIO
Localmente detto caprettone o crapettone. Varietà diffusa esclusivamente nei comuni posti alle pendici del Vesuvio, dove rappresenta il vitigno principe della doc Vesuvio bianco, componente essenziale ovvero esclusiva a seconda di assemblaggio con altri vitigni a bacca bianca, o di vinificazione in purezza. Il Caprettone è stato in passato assimilato al Coda di volpe bianca, dal quale si differenzia però per molti caratteri morfologici.
FALANGHINA
La falernina, l’uva legata alla falange, è il vitigno più diffuso della provincia di Napoli. Sul Vesuvio però la falanghina viene utilizzata principalmente come complementare nel Lacryma Christi e, grazie alla sue doti di acidità, soprattutto nella tipologia spumante. Tuttavia se ne realizzano vinificazioni in purezza nell’ambito della igt Pompeiano. La varietà presente sul Vesuvio offre diverse analogie con la falanghina napoletana dei Campi Flegrei, con cui ha in comune l’acino tondo e dalla quale differisce soprattutto per la maggior compattezza del grappolo.
PIEDIROSSO
Localmente detto Palummina o Per’ ‘e Palummo. Il Piedirosso deve il suo nome, com’è risaputo, al colore che assumono il rachide e i racimoli con l’approssimarsi della piena maturazione del grappolo. Se nel resto della regione per fama e diffusione il Piedirosso è solo secondo dopo l’aglianico, recitando la parte del comprimario, nella provincia di Napoli assurge invece al ruolo di protagonista assoluto.
AGLIANICO
L’ultimo a maturare sulle falde del Vesuvio, tra la seconda metà e la fine di ottobre, è l’aglianico, l’aristocratico principe dei vitigni a bacca nera del Sud. Anche qui, su questo terreno sciolto, a tratti sabbioso, l’aglianico mostra tutta la sua vigoria, la forza del tannino, quella spiccata astringenza che ben può stemperarsi nell’uvaggio del Lacryma Christi. Utilizzato in purezza nella igt Pompeiano, può dare prodotti di pregio, soprattutto a seguito di un’attenta maturazione in legno e di un lungo affinamento in bottiglia.